Cenni Glottologici
Il dialetto roggianese ha una base lessicale osca, greca latina, spagnola e francese. Ogni parola derivante da queste lingue è stata presa è modificata quasi in modo radicale. La struttura grammaticale è composta da vocali, iati, dittonghi, consonanti, articoli. Gli articoli indeterminativi sono: ‘nu per il maschile, ‘na per il femminile e uscite come certi per il plurale. Gli articoli determinativi sono: ‘u per il maschile, ‘a per il femminile e ha anche una funzione efficiente per forme come ‘a mammata, ‘i per il plurale che può avere anche un valore funzionale semplice che si ritrova anche nei composti come aru, ari e aru. La lettera p ha un suono simile alla b, la t alla d, la s alla z, mentre la l può cadere. Parole che iniziano per h’u hanno una pronuncia con la u aspirata; chj ha un suono gutturale e palatale. La h ha un suono normale, reso a volte più forte gutturalmente. Th si enuncia come una t aspirata, mentre la b può anche rafforzarsi nel suono oppure modificarsi in v. Nel periodo ipoteco, l’imperfetto indicativo si cambia in imperfetto indicativo oppure al condizionale. In ultimo l’infinito presente della prima coniugazione ha la fine in a accentata. In molti casi si riscontra la caduta delle vocali iniziali come in ‘mpedi che vuol dire in piedi. L’aggettivo possessivo alcune volte viene aggiunto al nome, la particella ne si raddoppia e si attacca al verbo.
Dalla lingua italica osca derivano parole ancora riposte nei ricordi dei più anziani. Tra di esse vi sono:
“Nja” = nuovo;
“Op” = potere, fatica, forza;
“Craja” = nonna o anche domani;
“Piscraja” = bisnonna o anche dopodomani;
“Pisciddhri” = trisavola o anche posdomani.
Il dialetto derivato dal greco, arrivato nelle nostre terre durante il periodo magnogreco. Ha dato origina ad altri termini tipici del dialetto roggianese Questa era la lingua parlata sia dai coloni greci che dal popolo bruzio, detto per questo motivo una popolazione bilingue. Tra i vocaboli di origine greca ricordiamo:
“Kimaros = zimmaru = montone;
“Spaxos” = spacu = spago;
“Thimonia”= timugna = gregna o anche timogna;
“Gafaru” = gas = terra;
“fero” = porto = portatore di terra;
“Katogheion” = catuoiu = camera al basso;
“Kardiaklia” = cardacia = paralisi;
“Kantharos” = cantaru = vaso da notte;
“Gaphios” = gafiu = porta scala;
“salma” = sarma = carico;
“Zaricchion” = Zaricchj = sandali di pelle.
Le invasione barbariche portarono queste popolazioni nelle nostre terre che incrementarono il bagaglio verbale con alcune parole germaniche ancora in uso. Tra di esse:
“Krukkya” = crocchia = forca;
“Rauba”= ‘a rrobba” = podere;
“Zimmar = zimma = porcile.
Il nostro vocabolario si è anche approvvigionato di vocaboli di origine araba dovuti alla presenza di musulmani durante le loro incursioni in occidente.
“Tabut” = tavutu = cassa da morto;
“Tamar” = tamarru = sozzo zoticone;
“Malviz” = marivizza = tordo.
Altre parole sono derivate da latinismi integrati, a volte, con vocaboli di origine spagnola e francese, originatasi durante le dominazioni angioina e aragonese. Serbiamo memoria:
“ ‘Ntarrima” = dal latino interim = intanto;
“Nustierzu” = dal latino nutius tertius = il terzo giorno di oggi;
“Savucu” = dal latino Sabutum = Cavo;
“Sinalu” = da latino Sinalis = grembiule;
“Ammasunu” = dal latino e dal francese Ad mansioner = andare a casa;
“Vatajanni”= dal latino Volvita Januam = volta a porta;
“Musciddhrà” = dal latino mus = il topo e là;
“Parramata” = dal latino e dallo spagnolo por matar = per uccidere a botte;
“Sarmientu” = dal latino e dallo spagnolo salma – iento = tralcio.