Fiera di Santa Lucia (13
Dicembre)
In questo giorno, oltre a
celebrare la messa in onore della Santa, si svolge una fiera tradizionale,
organizzata secondo i canoni del mercato che in genere si svolge nel paese. Tipica di tale festività è la
cuccìa. Prodotto gastronomico consistente in grano cotto, cucinato il giorno
prima e lasciato tutta la notte sul tavolo della cucina. La leggenda narra che
durante la notte la Santa
passi nelle case a benedire, col proprio piede lasciandone l’impronta, il
grano. Il cereale viene condito la mattina della festa con miele di fico,
cannella, noci, buccia d’arancia e zucchero. Questa ricetta originaria è stata
integrata in tempi moderni con l’aggiunta di cioccolata in pezzi e disciolta.
Festa e Fiera di Sant’Antonio
Abate (17 gennaio)
Si fa risalire l’inizio di tale
tradizione al 1800; fino agli anni ‘60 circa mantenne le sue primordiali
caratteristiche. Una di esse è la statua visibile nella chiesa di Sant’Antonio
di Padova che raffigura il Santo con ai piedi un maialino. Questo perché la
leggenda racconta che egli fosse figlio di un massaio allevatore di animali,
nella fattispecie di maiali. Nei tempi più antichi i
Roggianesi alla ricorrenza della festività si portavano fino al vicino paese di
Mottafollone, luogo originario dove si svolgeva la festività. La rivalità dei
due paesi portò a degli scontri tra i Mottafollonesi ed i Roggianesi per il
primato su chi doveva portare a spalla la statua del Santo. A Roggiano, in seguito a ciò, si
decise di comprare una propria statua e di organizzare una festa a se stante
che ricorre il 17 di gennaio. Col passare degli anni il popolo ha smesso di
festeggiare tale ricorrenza. L’unica continuità riscontrata è il succedersi
della fiera e di una celebrazione Eucaristica solenne in onore del Santo nella
chiesa dove è custodita la statua. Fino a circa cinquant’anni fa la
fiera si svolgeva presso il sito della Madonna della Strada e vi si praticava
il commercio degli animali, specie di maialini che venivano allevati per poi
essere uccisi in dicembre. Oggi giorno la fiera si svolge
nel centro del paese e non vi è più la vendita di animali, ma è una sorta di
mercato dove si può comprare dal prodotto tipico calabrese al vestiario.
Madonna della Strada
- Benedizione delle Macchine e processione
I
Roggianesi molto devoti alla Madonna, intitolata della Strada,
anticipano il loro ritorno dai festeggiamenti della pasquetta per partecipare
alla tradizionale benedizione delle autovetture, dei motocicli e di chi li
conduce. La processione è tradizione fin dal 1943 mentre la benedizione dal
1962. Nel tardo pomeriggio la statua
della Madonna è portata in processione dal suo santuario alla chiesa di
Sant’Antonio di Padova dove si svolge la benedizione dei veicoli e dei pedoni.
Le numerose vetture si posteggiano lungo Corso Umberto e, a Benedizione
ricevuta, i conducenti, suonano festanti i clacson. Partecipano alla funzione
religiosa anche i pedoni; segue la
Messa e la sosta della statua in Chiesa Madre. L’effige
portata in processione, sistemata sopra una macchina addobbata per l’occasione,
non è quell’originaria che rimane nel santuario, ma una copia adibita per la
funzione. Il giorno seguente, di primo
mattino, si svolge una nuova processione che riporta la Madonna nella sua chiesa.
Il ritorno della Madre Celeste nella sua dimora è accompagnato da canti mariani
e preghiere. Per tutto il giorno il popolo roggianese si reca a salutare la Madonna e l’occasione è
presa anche per trascorrere un giorno all’aria aperta (‘u pascunu). I più
giovani vi si recano dal mattino per fare una scampagnata e giocare
allegramente nel campetto dirimpetto alla chiesa. Questa festività è molto
sentita anche dagli adulti che, invogliati dalla bella giornata, si
incamminano, nonostante la distanza, verso il sito sacro. A fine di serata la giornata di
preghiera e di festa termina con l’estrazione della riffa che ha come premi
effigi della Madonna e, come premio ambito, un agnello, visibile a tutti
pascolante al lato dell’edificio sacro.
- Fiera (martedì dopo Pasqua)
Oltre al culto religioso nel sito
della Madonna della Strada si svolge una fiera, prevalentemente gastronomica ed
oggettistica.
-tradizioni e leggende legate al santuario
Si tramanda che nella seconda
metà del XIX secolo, una fanciulla di circa 5 anni di nome Domenica, intenta,
presso il santuario, nei lavori di campo con la madre, chiese alla stessa un pò
di cibo avendo fame. La madre essendo povera e non potendola accontentare le
disse di recarsi direttamente dalla Madre Celeste e chiedere a Lei di essere
sfamata. La bambina prese sul serio la parola detta dal genitore e, dopo poco,
ritornò con una fetta di pane bianco in una mano che le raccontò essere stato
donato dalla stessa Vergine. Un’altra leggenda riguardante
questo luogo sacro risale intorno alla metà del XX secolo. Si tramanda che
presso il santuario, in un posto non identificato, potrebbe esserci nascosto un
tesoro. Questo si dice perché si narra che un calzolaio, di cui se ne conosce
il nome Ambrogio Ponticelli, si recò sul posto appositamente con l’idea di
trovare il suddetto tesoro. La sua ricerca fu interrotta dall’apparire di un
serpente nero che il calzolaio identificò con il Demonio. Questa leggenda si
può interpretare secondo la visione in cui il tesoro rappresenta le grazie
dispensate dalla Madonna e il serpente nero come il Demonio che vuole portare
alla perdizione le anime. Insieme a questo racconto ve ne sono altri che si
rifanno tutti allo stesso tema, quello del tesoro perduto da ritrovare. Si narra, inoltre, che solo chi
sogna la Madonna
ha diritto a ritrovare questo tesoro. Per poterlo avere bisognerebbe recarsi a
mezzanotte al santuario ed inginocchiarsi davanti la chiesa su di un lenzuolo
bianco. La tradizione dice che bisogna aspettare l’apertura della terra da dove
uscirà un serpente che reca in bocca una focaccia d’oro. La persona dovrà
prendere il serpente e metterlo nel lenzuolo e caricarselo sulle spalle prima
di entrare in chiesa; ad ogni passo il serpente dovrebbe trasformarsi in oro e
quindi appesantirsi tanto da renderne difficile il trasporto. Si entra in
possesso dell’oro solo se si riuscirà a trasportare il peso fino all’altare.
Mercato (ogni secondo e quarto
giovedì del mese)
Il mercato cittadino si è sempre
svolto nel centro urbano, lungo Corso Umberto, Via San Domenico e Via Roma. Per
qualche anno fu trasferito in Via Corrado Alvaro. Da pochi anni è ritornato
nella locazione originaria. Il mercato ricade il II e IV giovedì di ogni mese.
Si può acquistare di tutto specie i prodotti tipici calabresi.
Fiera di Ottobre
La fiera oggi è divenuta un
mercato tradizionale. Anticamente era la fiera del bestiame, molto sentita
dalla popolazione perché vi si acquistava il maiale che era poi allevato in
funzione della prossima uccisione.
Fiera di San Vincenzo (Maggio)
Anche questa fiera con gli anni è
diventata un mercato di quelli che ci sono abitualmente ogni quindici giorni
circa nel centro urbano.
Festa Patronale (1-3 Dicembre)
Il
Santo protettore di Roggiano è San Francesco di Paola e la festa in suo onore
si festeggia i primi tre giorni di dicembre. Fino a qualche anno fa, ora il
comitato che si occupava di organizzare l’evento si è sciolto, i nostri emigrati residenti a
Philadelphia celebrano questa festa, qualche settimana dopo rispetto a noi, con
una solenne processione e con i fuichi pirotecnici. Altri emigranti in terra straniera
considerano così importante la festa patronale che non lesinano dall’inviare
offerte, affinché la celebrazione del Santo riesca per il meglio in terra
madre. La devozione al San Francesco è
molto sentita dal popolo e si fa risalire alle invocazioni di protezione che i
Roggianesi chiesero all’umile Santo in occasione dei numerosi terremoti che
hanno colpito il nostro paese. L’arciprete Balsano scrive, in seguito ad una
forte scossa sismica che colpì Roggiano nel 1783, inla Sua Statua Tuttora,
il popolo di Roggiano è tenuto ad astenersi dalla carne ogni venerdì dell’anno. una lettera
destinata alla Curia Vescovile di San Marco Argentano, che la popolazione si
rifugiò in chiesa per rendere grazia al Signore ed a San Francesco di Paola per
essere sfuggiti alla morte. Nel 1908 per tutto il mese di novembre il paese fu
colpito da frequenti scosse, l’ultima, avvenuta nei giorni tra il 2 e del 3
dicembre fu quella più forte, spinse la popolazione, molto devota al Santo, a
portare
a spalla in processione e chiesero al Signore, pregando tutti in Chiesa Madre,
l'intercessione del Santo di Paola per far cessare queste calamità che continuavano
ad abbattersi nella comunità di Roggiano. Fecero voto di digiuno e di astinenza
e di non mangiare carne per tutti i venerdì dell’anno. Le preghiere furono
accolte e da allora San Francesco divenne il nostro Patrono prendendo il posto
della Madonna del Carmelo. Lo scorso anno, in occasione del
centenario, durante la solenne celebrazione, furono affidate al Santo le chiavi
del paese. Annualmente il popolo roggianese, che continua a sentire fortemente
la devozione verso il Santo, nei giorni 1, 2 e 3 dicembre ricorda, con riti
religiosi e laici, le vicende che colpirono il paese. Ogni anno s’istituituisce
un apposito comitato, capitanato dal parroco Don Michele Coppa, a cui possono
accedere tutti, che ha il compito di organizzare gli eventi culturali e le
manifestazioni che allietano il paese nei tre giorni di festa. Il 3 dicembre
dopo la messa in onore del San Francesco si snoda la processione a cui
partecipa con devozione tutta la popolazione. Durante la funzione, insieme alla
statua del Santo, la popolazione assiste ai fuochi pirotecnici, in genere
offerti dai commercianti roggianesi. Il 2 dicembre, da qualche anno a
questa parte, si esibiscono giovani musicisti locali. Il 3 c’è l’esibizione di
un cantante o di un complesso che di anno in anno viene scelto dal comitato. Lungo Corso Umberto, illuminato a
festa, si passeggia tra le varie bancarelle, molte delle quali vendono
dolciumi, noccioline, torroni e “mustazzuoli” e vari gruppi propongono stand
gastronomici. Di giorno si tiene la fiera, oggi
è poco più grande del classico mercato che c’è ogni quindici giorni;
anticamente era molto più grande ed i nostri nonni ricordano che era dedicata
all’acquisto ed allo scambio di animali ed attrezzi agricoli. Vi si comprava,
inoltre, tutto il necessario abbigliamento per l’imminente inverno e tutto ciò
che potesse servire per le feste natalizie e per l’uccisione del maiale visto
che i negozi erano pochi.
Festa della Madonna Regina
Paradisi – Fiera (Ultima DOmenica di Maggio)
I festeggiamenti per la Patrona della seconda
parrocchia presente nel territorio roggianese si svolgono nell’ultimo fine
settimana di maggio. Nel pomeriggio la popolazione, partecipa alla solenne processione
portando a spalla la statua della Madonna. Negli ultimi anni, la domenica che è
la serata conclusiva delle varie manifestazioni culturali, si esibiscono, in
uno spettacolo musicale, cantanti di un certo spessore.
“I Pagliari” (falò) (7 Dicembre)
La
vigilia dell’Immacolata nei vari rioni del paese s’innalzano dei falò chiamati
nel gergo dialettale “pagliari”. Sono costituiti da arbusti “ristingi” e rami
secchi. Le origini di tale rito sono molti antiche ed era praticato per
allontanare, con le fiamme che sprigionava il falò, eventi negativi capitati
durante l’anno che stava per terminare e nel mentre si beveva del buon vino
locale. Alla fine ogni persona presente portava a casa un pò di brace in segno
di buona fortuna. Tradizionalmente, il fuoco si accende al suono delle campane alla fine
della funzione religiosa della ricorrenza della vigilia dell’Immacolata. Negli
ultimi anni, per far rimanere viva la tradizione il comune ha indetto una gara
in cui vincono i tre falò più grandi. Ognuno dei vincenti ha diritto ad un
premio a seconda della postazione ottenuta. Il “pagliaro” è realizzato da persone singole o, ultimamente, da gruppi
spinti dalla gara agonistica e dallo spirito di gruppo. Due rioni in particolare “San Francischieddhru” e i “Carcari” si
competono annualmente la prima piazza. Il falò non è del gruppo di amici che lo
realizza, ma di tutto il rione e non solo, infatti vengono a godersi lo
spettacolo, attratti dal clima di festa, altre persone che non appartengono a
quella zona. Gli “ospiti” sono accolti con dolci e spumante, ed allietati,
prima dell’accensione dei falò, da fuochi pirotecnici. Intrattenuti dallo scenario si rimane intorno al grosso fuoco fino alla
sua completa consumazione, dopodichè ognuno ritorna nelle proprie case a gustare
i piatti tipici roggianesi nella tradizionale cena del 7 dicembre.
I Paniciaddhri (Piccoli Pani
Benedetti) (A San Giuseppe e a Sant’Antonio di Padova)
Durante tali festività si suole
portare in chiesa piccoli pani per essere benedetti durante la funzione che si
celebra nella chiesa di Sant’Antonio di Padova. Questi pani sono portati, come
segno di devozione, da chi ha ricevuto qualche grazia o ha fatto un voto.
Anticamente i pani venivano preparati a casa dai devoti, odiernamente si
commissionano ad un panificio di propria scelta. A fine funzione i pani sono
distribuiti a parenti ed amici come segno di condivisione tra le persone e, nel
nome di Cristo, anticamente si distribuivano anche alle famiglie più bisognose
del paese.
Parmi (Palme)
La domenica delle Palme è
tradizione, oltre alla benedizione di ramoscelli di olivo e alloro davanti la
chiesa di Sant’Antonio di Padova, una breve processione con canti e preghiere
che porta dallo stesso edificio sacro, passando attraverso il centro storico,
alla chiesa matrice dove si svolge la funzione eucaristia e si ricorda la Passione di Nostro
Signore. Il tutto è legato al ricordo dell’entrata trionfale del Cristo a
Gerusalemme; con le palme difatti si accoglieva il re che faceva ingresso nella
città. Le palme sono segno di accoglienza. Insieme all’olivo che simboleggia la
pace e all’alloro che rappresenta la regalità, la vittoria e la gloria, si
benedicono le cosiddette “parmi” che sono composte da canne intrecciate in modo
tale da formare una specie di globo e ricoperte di carta pesta colorata. Su di
esse vengono esposti vari dolciumi tradizionali. Caratteristici sono
“cuddhrurieddhri” e le “pastette”. I dolci che ornano i “parmi” simboleggiano
la festa. Oggi giorno oltre a ciò si espongono anche vari tipi di cioccolata e
uova pasquali.
Ultima Cena e Lavanda dei Piedi
(Distribuzione del Pane Benedetto)
Il rito cattolico del giovedì Santo prevede la
rievocazione dell’ultima cena in cui Nostro Signore Gesù Cristo insegna
all’umanità, lavando i piedi ai suoi apostoli, l’importanza dell’umiltà e del
saper servire gli altri. Si celebra inoltre l’istituzione dell’Eucarestia e si
portano all’altare gli oli sacri benedetti la mattina stessa, in una solenne
cerimonia presieduta dal Vescovo e da tutti i sacerdoti della diocesi, nella
Cattedrale in San Marco Argentano. Il sacerdote che presiede la funzione sacra è circondato, nel
presbiterio, da dodici persone che rappresentano i Dodici Apostoli. La celebrazione si conclude con la benedizione dei pani che poi vengono
distribuiti, in pezzetti, ai fedeli che hanno partecipato alla Sacra Funzione e
portato dagli stessi nelle proprie famiglie. Il pane benedetto rimanda
all’Istituzione Eucaristica dell’ultima cena. Allusione al pane Eucaristico:
come il pane è indispensabile sulle nostre tavole così Gesè deve essere
fondamento della nostra vita. Agli Apostoli è donato “u tortanu” che è un pane a forma di ciambella e
trova la sua origine nei tradizionali dolci pasquali. A fine funzione l’altare è spogliato perché il venerdì Santo non si
celebra messa e l’Ostensorio con Gesù Eucaristia si porta nella navata di
destra dove si allestisce l’altare della reposizione, anticamente chiamato
Sepolcro. E’ revocato il sepolcro vuoto, scavato nella roccia e donato dal
ricco Giuseppe D’Arimatea, come luogo che doveva custodire il corpo di Gesù il
Nazareno. L’altare è ornato con candele e lumini e con ciotole contenente grano
germogliato“u subburcu” e fiori che servono da abbellimento che sono portate
dai fedeli.
U Subburcu è preparato circa tre settimane prima del
giovedì Santo e consiste nel mettere in una ciotola uno strato di terra poi i
chicchi di grano ricoperti da un leggero strato di terra. Il grano piantato
deve essere riposto in un ambiente buio ed annaffiato in genere una volta a settimana.
La caratteristica bianca del germoglio è data dall’ambiente in cui nasce. Il grano ha un significato ben preciso per la Chiesa Cattolica
in quanto rievoca un passo della Sacra Scrittura che riporta le parole di Gesù
dette in una sua predicazione “Se il chicco di grano caduto a terra muore
caccia molto frutto”. In questo brano il Salvatore del mondo allude al suo
martirio.Chi vuole, il mercoledì Santo, porta “U subburcu” in chiesa e lo depone
nell’Altare della Reposizione, lo riprende poi il sabato santo. I fedeli lo
portano nelle proprie case, anticamente lo si portava nei campi, come segno di
benedizione. Serve a ricordare alla popolazione di mettere in pratica le parole
che il Signore ci ha detto durante il Suo passaggio sulla terra. L’altare della Reposizione anticamente era allestito in tutte le chiese
del paese ed in que giorni i Roggianesi facevano il giro di tutti i luoghi
sacri, oggi invece è rimasto uso realizzarlo nella Chiesa Madre e nella
Cappella del Calvario.
Via Crucis (Venerdì Santo)
Il venerdì Santo la Chiesa Cattolica
non celebra messa, ma legge le Sacre Scritture che raccontano la dolorosa
Passione di Nostro Signore e adora il sacro legno del “Crocifisso” che, per
l’occasione viene portato dalla chiesa di Sant’Antonio di Padova, dov’è
custodito, alla Chiesa Madre. Dopo l’istituzione dell’Eucarestia si snoda la
processione che porta al Calvario, passando per le vie del centro storico. Apre
la celebrazione religiosa la statua del “Crocifisso” a cui si dipanano gli
uomini, segue l’ “Ecce Homo” portato dai ragazzi appartenenti all’Agesci,
dietro la “Veronica” ed ragazzi dell’Azione Cattolica e dell’Oratorio con i
loro catechisti, poi la “Bara di Nostro Signore” accompagnata dai giovani di
Azione Cattolica e chiude la processione la statua dell’ “Addolorata” sorretta
dalle donne. Arrivati alla sommità del Calvario, presso la cappelletta, un
missionario, che cambia di anno in anno, predica l’importanza del Venerdì santo
e successivamente, un piccolo crocifisso viene posto tra le braccia dell’
“Addolorata” a simboleggiare la
Vergine che piange la morte di suo Figlio. La processione si
dispiega poi per il ritorno seguendo l’ordine di prima, ma passando per Via
Variante. Tradizione, ormai quasi estinta,
per il popolo roggianese era quello di suonare “la tocca” per annunziare
l’inizio della processione santa e le celebrazioni. Il suono della “tocca”
serviva a sostituire delle campane che da giovedì fino a sabato santo non
possono suonare infatti si dice che le “campane sono legate”. Dopo tale funzione religiosa,
come è tradizione in tutto il mondo cattolico, non vi è più nessuna
celebrazione, fino alla veglia di Pasqua, che si effettua la notte tra il
Sabato Santo e la Domenica
di Pasqua in cui le campane suonano annunciando a tutti che Gesù è risorto
vincendo la morte.
Carnevale (Martedì Grasso)
Durante la festività più colorita
e divertente dell’anno a Roggiano si svolge la sfilata delle mascherine e dei
carri. Gli anni precedenti è stata
organizzata dall’amministrazione comunale, quest’anno dalla Pro Loco locale. Una tradizione legata a questo
giorno è quella di celebrare il funerale del Carnevale bruciandone il
fantoccio.
Festival della Valle dell’Esaro
(luglio-agosto)
La manifestazione, nata
nell’ultimo decennio del secolo scorso era denominata “Estate Roggianese” ed
era organizzato dall’amministrazione comunale; lo scorso anno l’onere di
stabilire il programma è stato preso dalla Pro Loco che ne ha cambiato il nome
in “Festival della Valle dell’Esaro”. L’evento prevedeva l’esibizione di vari
gruppi musicali locali, una gara di teatro dialettale (il primo festival
teatrale della Valle dell’Esaro), due serate dedicate al cinema, il concerto di
vari gruppi musicali provenienti dall’esterno ed il ritorno delle feste
rionali, da anni non più festeggiate. L’ultima parte del programma, purtroppo,
non si è realizzata a causa della morte prematura del presidente della Pro Loco
Luigi Lucchetta.